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Il viaggio di Gianni Riotta nel web, cercando di capire quanto possa renderci liberi

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Il web ci rende liberi? Se lo chiede nel suo ultimo libro dal titolo omonimo (pubblicato da Einaudi, disponibile naturalmente anche in formato ebook, 160 pagine) Gianni Riotta, ex direttore del Tg1 e del Sole 24 ore, adesso editorialista de La Stampa e docente alla Princeton University.

A questa domanda, alcuni utopisti di Internet risponderebbero a gran voce di sì, portando come esempio la primavera araba. La vulgata vuole che le rivolte nel nord Africa del 2011 non si sarebbe mai potute realizzare senza la spinta propulsiva apportatata dai social network ed in particolare di Twitter. In realtà questo è uno dei miti che Riotta cerca di smontare nel suo libro, illustrando prove alla mano che non c’è nessuna evidenza che Internet abbia “armato” le rivolte.

È stata forse la stampa di Gutenberg ad innescare quella ondata di riforme in campo politico e religioso? La risposta è no, in quanto nello stesso periodo, anzi prima, in Oriente la xilografia non ha portato vantaggi in termini di democrazia perché le rivoluzioni dei contenitori hanno bisogno anche delle rivoluzioni dei contenuti da divulgare.

Dal lato opposto degli utopici del web ci sono i pessimisti che temono che i big data, cioè l’analisi della grande mole di informazioni personali riguardanti gli utenti, possano portare il mondo ad una specie di Grande fratello orwelliano. In questo caso Riotta, che proprio al IMT di Lucca lavora su questi big data, è ottimista e non vede questo pericolo di controllo globale.

Riotta smonta anche la tesi secondo cui i giornali online stanno uccidendo quelli cartacei perché già da decenni in Europa e negli Stati Uniti stanno diminuendo le tirature dei quotidiani. È infondata pure la paura che la figura del giornalista professionista non esisterà più in un futuro prossimo, soppiantata dal citizen journalism, in quanto “online i contenuti di informazione sono prodotti dall’1% degli utenti – dice Biz Stone, cofondatore di Twitter piattaforma di microblogging più usata al mondo – distribuiti dal 9% e consumati dal 90%“.

Questo non significa che l’autore non dia il giusto peso ad Internet. Lui stesso è un grande utilizzatore della rete fin dagli albori e frequenta quotidianamente Twitter dove si confronta con gli utenti ai quali risponde spesso. Il libro non vuole essere un freddo saggio, ma un’analisi compiuta da un giornalista che conosce bene la rete. Tramite l’esperienze personali di chi ha usato Internet fin dagli albori, trascina il lettore nelle riflessioni che lui stesso ha compiuto negli anni, esplorando i vari aspetti del web.

Per farlo ha bisogno di partire da lontano facendo riferimento ad altri media, che nel corso dei secoli hanno trasformato la vita delle persone, e alle varie rivoluzioni che hanno generato. L’opera è ricca di citazioni e opinioni di vari autori, da Evgeny Morozov, il ricercatore bielorusso pessimista sulle rivoluzioni digitali, a Elio Vittorini che scriveva “niente viva, niente abbasso”, passando per il filosofo Walter Benjamin considerato spesso il “padre di Internet”, pur essendo morto nel 1940.

Il titolo del libro mantiene il punto interrogativo per tutta l’opera e l’autore non si schiera mai apertamente in favore di una o l’altra tesi, ricordando quello che diceva Melvin Kranzberg: “la rete non è né buona, né cattiva e neppure neutrale”. Il viaggio attorno al web e alle sue conseguenze sociali parte parafrasando il vangelo “il principio era il web”, attraversa il Museo della Tecnologia Fantasma e finisce dove meno te lo aspetti, con un’intervista, o meglio un colloquio, con il cardinal Carlo Maria Martini che esorta: “guardate in voi stessi, ai vostri motivi e animi, per capire dove andrà il web”. Finalmente dopo l’incontro con l’anziano prelato, Riotta riesce a venire a capo di quel dilemma che lo stava struggendo.

Ma la migliore sintesi alla domanda iniziale, però, si può trovare già a metà dell’opera. Riflettendo sulla sulle analisi di Italo Calvino, che già nel 1967 in una conferenza intitolata “Cibernetica e fantasmi” cercava di capire gli effetti politici e culturali della tecnologia, Riotta scrive che “è possibile che il web ci renda liberi solo nella misura in cui noi riusciremo a renderlo libero. Il web ci renderà ignoranti se noi lo rendiamo ignorante. Il web sarà Inferno o Paradiso se a programmarlo saranno Demoni o Angeli. Sarà invece solo umano se a costruirlo saremo noi esseri umani”.


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